Per anni non succede nulla, l’agave rimane immobile, radicata nella polvere.

Nessuno la nota davvero.

Poi, un giorno, dal suo cuore nasce un fusto che cresce in fretta, alto, deciso:
come una decisione presa dopo una vita intera di esitazioni.

E’ la sua unica fioritura.
E in quel gesto consuma tutto ciò che è: ogni stilla di forza, ogni respiro, ogni attimo.

Dopo, la pianta muore.

La chiamano il fiore della morte ma non parla di fine, parla di libertà.
È il momento in cui la vita smette di trattenersi e si offre, intera, al cielo.

C’è qualcosa di umano in questo compimento: passare la vita a trattenere, e poi, all’improvviso, lasciarsi andare alla verità di ciò che siamo.
Fiorire, anche solo una volta e, in quell’attimo, capire che si è vissuto per davvero.